Artista: Marco Massarotti
Tecnica: Acrilico e olio su pannello di mdf
Misure: 68x84 cm
Anno: 2025
 
Opera in gara al Premio Grande Bellezza 2025
"Perché il bello non è altro che il tremendo al suo inizio."
Rainer Maria Rilke
Il Myosotis conosciuto anche come Non ti scorda di me è un fiore delicato, la cui bellezza è intrinsecamente legata alla sua fragilità. Nel dipinto, il corpo della donna si fa eco di questa qualità effimera: le abrasioni, le zone di colore cancellate, la mancanza di frontiere definite, riflette la bellezza temporanea della vita e la tensione tra il desiderio di ricordare e l’impossibilità di trattenere tutto. Il titolo sottolinea questa dualità, mettendo l’accento sulla la transitorietà della bellezza. Viene da pensare all'estetica del wabi-sabi giapponese, che celebra la bellezza delle cose imperfette, incomplete e temporanee. La donna
rappresentata allora non è un'icona fissa di perfezione, ma un simbolo della bellezza che muta e si perde, ricordando che il valore estetico risiede anche nella sua vulnerabilità e caducità.
Il Myosotis in passato era considerato anche simbolo di salvezza da tutto ciò che può rattristare o addolorare. Era una pianta considerata sacra e da essa si otteneva una pozione in grado di guarire gli occhi, da cui generalmente stabiliamo ciò che è bello e ciò che non lo è. Questa sua caratteristica fu interpretata nel tempo in modo allegorico e non passò troppo tempo perché il Non ti scordar di me iniziasse ad essere considerata una pianta che oltre a guarire gli occhi, potesse guarire anche l’anima.
Parafrasando Nietzsche, la bellezza è il risultato di due forze opposte: l'apollineo, che cerca ordine e perfezione, e il dionisiaco, che abbraccia il caos e la distruzione: in tale visione il corpo frastagliato e parzialmente dissolto della donna rappresenta un equilibrio dinamico tra questi due poli: la nudità evoca la
purezza apollinea, mentre la dissoluzione richiama l'energia dionisiaca, che rompe i confini e rivela la bellezza della trasformazione. La dissoluzione del corpo celebra il passaggio dalla singolarità dell'individuo all'infinito, suggerendo che la bellezza non è solo individuale, ma universale e transitoria.